Il Garante Privacy con il Provvedimento n. 243 del 18 aprile 2018 ha accolto le ragioni di un giornalista professionista, ex dipendente di una casa editrice, al quale è stato contestato lo svolgimento di attività in favore di concorrenti. La stessa avrebbe provato il fatto “sbirciando” tra la posta elettronica del dipendente.

Il Garante ha ritenuto il comportamento del datore di lavoro illegittimo, in quanto lo stesso si è avvalso di strumenti elettronici utilizzati dal dipendente per svolgere le sue funzioni lavorative. Il lavoro deve essere svolto nel rispetto dei principi del Codice della privacy, nonché, di quanto disposto dalla legge n. 300/1970 art. 4 (statuto dei lavoratori) e come novellato dall’art. 23 D.Lgs. 151/2015.

Nel Provvedimento si legge ancora che oltre all’informativa data ai dipendenti, il controllo sugli account di posta elettronica aziendale utilizzati dai lavoratori doveva ritenersi escluso in virtù dell’accordo sindacale firmato e sottoscritto dalla stessa parte datrice:

“gli eventuali controlli e verifiche citati nella policy aziendale, non potranno avere ad oggetto i documenti, i dati ed il contenuto del materiale utilizzato dai giornalisti, in considerazione della natura specifica dell’attività del giornalista e della relativa normativa a tutela della salvaguardia della segretezza delle fonti”.

Il controllo effettuato negli indirizzi di posta elettronica utilizzati dai dipendenti non poteva neanche ritenersi “controllo difensivo”, al quale sarebbero state applicate al novellato n. 300/1970 art. 4

Premesso ciò, alla società datrice il Garante intima, con effetto immediato, di astenersi dall’effettuare l’ulteriore trattamento di dati contenuti nelle comunicazioni di posta elettronica riconducibili al dipendente.