Le clausole vessatorie sono: “clausole che restringono l’ambito di responsabilità del soggetto che l’ha predisposta apportando limitazioni al dettato normativo oppure ai precetti generali di contratto” determinando una sproporzione sostanziale tra prestazione e controprestazione.

La disciplina della clausole vessatorie è sancita sia nel Codice Civile, sia in quello del consumo e il presupposto comune è lo squilibrio tra le parti, ossia quella “forte” potrà predisporre il contratto ed imporlo al contraente “debole”.

Il Codice Civile stabilisce che le clausole vessatorie siano approvate con una sottoscrizione autonoma e distinta rispetto a quella apposta generalmente al contratto ed in mancanza di questo requisito saranno considerate inefficaci. Questa normativa rileva i contratti per adesione, ossia, che regolano una serie indefinita di rapporti predisposti da un solo contraente e la disciplina si applica nei contratti conclusi tra le parti, aventi diverso potere negoziale.

La ratio sottesa alla norma è, dunque, quella di fare in modo che il contraente debole abbia effettivamente conosciuto tali clausole e le abbia quindi accettate in modo consapevole. La più recente giurisprudenza ha stabilito, in merito, che “l’esigenza di specificità e separatezza imposta dall’art. 1341 c.c. non è soddisfatta mediante il richiamo cumulativo numerico e la sottoscrizione indiscriminata di tutte o di gran parte delle condizioni generali di contratto, solo alcune delle quali siano vessatorie, atteso che la norma richiede, oltre alla sottoscrizione separata, la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l’attenzione del contraente debole sul significato delle clausole, a lui sfavorevoli, comprese tra quelle specificamente approvate”.

La disposizione normativa esaminata va interpretata anche in riferimento all’art. 1342 c.c., in cui si fa riferimento a contratti conclusi sulla base di moduli o formulari predisposti da una parte. E’ insito nella norma, quindi, lo squilibrio tra i contraenti e l’applicabilità di quanto sin ora detto.

La disciplina del Codice Civile è stata ritenuta non adeguata rispetto ai rapporti tra soggetti con determinate qualifiche, ed è stato quindi introdotto di Codice del consumo che regola i rapporti tra consumatore e professionista.

L’art. 33 cod. cons. definisce come vessatorie quelle clausole che “nel contratto concluso tra il consumatore e il professionista, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”, rendono gravosa la sua posizione. Quindi, il significativo squilibrio è normativo e si sostanzia quando una parte si avvantaggia della sua posizione di forza contrattuale.

Sebbene la disciplina del Codice Civile si integri con quella del Codice del consumo va fatta notare un’importante differenza sul piano delle sanzioni: il C.c. prevede che le clausole vessatorie siano inefficaci salvo accettazione della controparte, mentre il c. del consumo prevede la nullità delle stesse a prescindere della loro sottoscrizione.

Tale nullità è definita “di protezione” (art. 36 c.3): può essere fatta valere dal solo consumatore o rilevata dal giudice; protegge la parte debole e riequilibra le posizioni dei contraenti. Si può impropriamente dire che si tratti di una nullità con i caratteri dell’annullabilità.

In conclusione, si può affermare che le clausole vessatorie dell’art. 1341 c.c. rientrino nelle condizioni generali del contratto purché separatamente ed espressamente accettate e sono tassativamente individuate dalla norma. Il cod. cons., invece, è rivolto a rapporti specifici intercorrenti tra consumatore e professionista; non sussiste un elenco tassativo della clausole vessatorie; non hanno alcun effetto, poiché considerate nulle, pur rimanendo valido il contratto. Il fine principale che si vuole raggiungere è quello di tutelare la parte debole in modo che il contratto rappresenti uno strumento di contemperamento degli interessi delle parti coinvolte.